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Calle de l'Arco - S.Polo 436, Venezia, VE
Valutazione:
Imperdibile!!!
Prezzo a persona:
9.54 €
Servizio utilizzato:
ristorante
Commenti:
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carolingio

ha visitato il locale il 23/02/2012 carolingio avatar
327 Recensioni scritte dal 21/12/2009 7640 Punti


OCCUPAZIONE. Senza kappa, le kappa sono arrivate dopo il 77.
Questo il primo cartello che mi trovai di fronte ai Tolentini, trentanove anni fa, ad indicarmi che lì c’era l’università di Architettura, nascosta da un’alta staccionata di assi chiuse di legno, rimasta in piedi per tutti i cinque anni dei lavori in corso.
Ah, i ricordi...
Ma abbiamo anche studiato eh, e ci siamo divertiti ad imparare a disegnare, tra un coordinamento dei comunisti iraniani, i “khalgh”, che si accingevano a preparare le manifestazioni poi scoppiate nella rivoluzione del 1979, e assemblee permanenti di Lotta Continua per l’autoriduzione delle bollette SIP del sestièr de Dorsoduro...

L’alternativa, in caso di occupazione, erano i “bacarèti”, frequentati da frignàpole, studentesse di architettura, veramente di ottima fattura e tiraggio, dove intervallavamo le lunghe lezioni di Cacciari (alle quali una volta ho assistito seduto sulla cattedra, perché l’aula era gremita in ogni ordine di posti) con qualche “cichèto” di folpèti, seppioline nere, tramezzini favolosi e succulenti, co n’ombra de bianco...
La partenza in treno era alle sei e mezza dalla stazione di Verona, con sveglia un’ora prima... e quindi lo “slangorimento” era notevole già a metà mattina.

Stavolta tocca all’Elisa chiudere gli studi dopo quattro anni di sospensione, dovuta al lavoro.
Forte dei miei ricordi studenteschi e con il supporto e la conferma di qualche recensione letta in giro per un aggiornamento, dopo la laurea nella chiesa di S. Sebastiano vicino alle Zattere, ridirigo la truppa a piedi verso Rialto, in questo bacarèto... favoloso! Un must, il bacarèto a Venessia.

Mi par di risentirle, tra lo sciabordìo del canale, alle Zattere, in attesa che entrasse la Eli per la tesi, seduto sul rialzo di marmo del bordo a guardare il Mulino Stucky sulla riva della Giudecca, la cui ristrutturazione avevamo progettato in un esame di composizione architettonica, le note di Bring it on home... immagini un po’ sbiadite dal tempo... ma la musica e i sapori di quegli anni no... sono ancora ben vivi...

http://www.youtube.com/watch?v=Pm3zUQjG5no />
Il locale è microscopico, sarà quattro per quattro, occupato per metà dal loro bancone di lavoro, dove c’è esposto ogni ben di Dio. Nei bacarèti si mangia rigorosamente in piedi e se ciacola con tuti quei che riva, col paròn, che ti dice dove va a prendere la roba, freschissima, e ti spiega che il pesce con questa stagione non lo vendono nostrano al marcà del pesse (che è lì attaccato), ma solo roba del Maroco o dala Tailandia.
L’unica cosa straniera è il bacalà che arriva dalla Norvegia. E cominciamo proprio con quello: tre vassoi con undici crostini-crostoni, uno col bacalà mantecato (eccezionale), uno col bacalà aglio e prezzomolo (superlativo), uno col bacalà alla vicentina (non l’ho assaggiato, ma tutti annuivano vogliosi con la testa).
I crostini-crostoni hanno dimensione circa tre volte superiore a quella di un crostino normale, un terzo di una bruschettona. In dialetto: cichèti.

Che bella Venezia col soletto di oggi: i colori si mescolano ai profumi, e i discorsi ai lavori. Per me Venezia è la più bella città del mondo, le ho dedicato cinque anni della mia vita... due vecchie parlano dei nevòdi... un battello scarica la verdura per il fruttivendolo... colori ocra e rosso veneziano si specchiano in una tela ad olio da due per due, portata a mano in verticale da due presunti pittori, davanti alla casa dei Luigi Nono, uno pittore, l’altro fotografo, alle Zattere... i profumi del fornaio si mescolano a quelli della frittura, del cuoio del negozio successivo, del sigaro di chi cammina davanti...

I due vassoi seguenti contengono cichèti co le sarde in saòr e con acciughine sott’olio e burro... deliziosi. Da bere tre bozze di Glera IGT dei colli trevigiani, un prosecco che non si può chiamar tale, perché non arriva esattamente dalla zona DOC. Poi quattro bicchieri grandi di acqua gasata e una Coca.
Spesso, quando andavo a Venezia, venivo colpito dagli schitti di piccione o in testa o sulla spalla; stavolta ho pestato una merdina di cane... come costante, una gran fortuna nella vita emoticon

Altri due vassoioni: il primo crostini-crostoni con il prosciutto crudo, l’Asiago DOP salato in pasta, e le castraùre, in alcuni cotte, in alcuni crude, tenerissime. La castraùre sono le cime giovani delle nuove piante di carciofo. Non ho più aggettivi.
L’altro vassoio aveva cichèti con pancetta tonda speziata e zucchine trifolate, una bontà...
Tutto preparato all’istante, davanti ai nostri occhi, affettatrice, zucchine tirate fuori dalla teglia...
Quindi ancora... cichèti con prosciutto cotto, maionese, pomodori secchi e peperoni piccanti... poi un altro giro de bacalà... alè... e un altro brindisi alla dotòra!

Conto finale da 105 euro in undici persone, molto a buon mercato, per un totale 67 cichèti, tutti parecchio abbondanti, tanto che mangiandoli si rischiava di perdere i pezzi. Credo che le bottiglie le abbia messe in conto per modo di dire, o ci abbia fatto una sconto comitiva, perché i cichèti costerebbero un euro e mezzo l’uno.

Segnatevelo, ma alla grande, perché è il top della tradizione e della qualità. Dovessi andare a Venezia per restare anche dopo mezzogiorno, non sto neanche a cercare il ristorante dove farmi spennare di meno, vado dritto lì e mangio come ad un pranzo.
Il tipo di servizio non è ristorante, non è bar, non è pub, non è winebar... è "bacarèto", tipologia caratteristica veneziana, per mangiare come con le tapas in Ispagna.


Imperdibile!!!

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[joy]
24/02/2012
Bella cichetteria emoticon quando riapre il mercato del pesse??
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[Gerry]
24/02/2012
Buona memoria, con colori rumori odori e sapori... e bel racconto!
Andare dentro le città è un esercizio lungo, se da turista: da turista d'altri tempi, senza fretta e, appunto, con occhi orecchie naso e bocca vigili. E poi, tutt'assieme, una memoria spessa, densa ed evocativa.
Complimenti.
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[johnnybazoo]
24/02/2012
Già proprio un bel racconto, anche se a tratti ho fatto fatica a seguire il filo, ma questo è un problema mio emoticon
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[carolingio]
24/02/2012
Grazie ragazzi (ragassi, si fa per dire emoticon )
Da quello che ho sentito, il mercato del pesce è aperto, ma il pesce "locale" arriva... quando arriva...emoticon cioè quando viene pescato... con tutte le mareggiate e il freddo che ci sono stati, credo che il pesce (ma non sono un intenditore) si sia nascosto in rifugi di fortuna o abbia dormito emoticon
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[Gerry]
24/02/2012
A una certa profondita (quale?) il gelo e i moti di superficie non si sentono ...
Credo che la "K" sia apparsa ed entrata nell'uso comune dopo il film "L'Amerikano" di Costa Gavras.
Sono andato a cercare (micca c'ho 'na memoria ac'sé bouna!)e ho visto che è del 1972.
Domanda: essere cittadini del mare significa anche essere cittadini del mondo?
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[salsarosa]
24/02/2012
Ottima memoria...e quei cicheti avevano proprio l'idea di essere buoni...da tener presente la prossima volta che si va a Venessia...emoticon
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[carolingio]
24/02/2012
Grazie Salsarosa, erano veramente buonissimi, garantito! emoticon

Gerry, mi poni delle questioni di difficile soluzione emoticon
Ho visto in TV un servizio sui danni che hanno fatto le mareggiate e il gelo all’industria del pesce e dei mitili d’allevamento in laguna, poi penso che sia difficile anche per i pescatori andar fuori col mare molto grosso e con dieci quindici sotto zero. Credo che in questi giorni la pesca sia ripresa...

Probabilmente hai ragione sul fatto che l’uso della kappa sia successivo all’Amerikano di Costa Gravas... di quanto successivo non ho idea precisa... ho un’idea fotografica nella memoria e riguarda le scritte sui muri relative a Francesco “Kossiga”, ministro dell’Interno dal 76 al 78, e l’uso irriverente della kappa da parte del movimento degli indiani metropolitani e dei punk del 77... prima no, c'era meno giocherelloneria anche nei termini...

Essere cittadini del mare significa anche essere cittadini del mondo? Credo di sì. Nel mare, i confini artificiali che l’uomo ha segnato su questo pianeta sono meno visibili, è più facile il contatto tra culture diverse. Però non è una prerogativa assoluta: io mi sento cittadino del mondo anche se sto sulla terraferma... anzi, vogliamo strafare? cittadino dell'universo! emoticon emoticon