A volte mi chiedo cosa penserebbe un modenese, allontanatosi dalla sua città per motivi di lavoro, nel trovare lontano da casa un ristorante in grado di riportagli alla mente i colori e i sapori della sua terra d'origine.
La domanda trova sempre una facile risposta: in molte recensioni degli amici di Modena si avverte impellente e tangibile la necessità di ritrovare e provare i sapori di una volta, quelli della nonna o delle antiche trattorie.
La nostalgia è palese, segno che non è necessario allontanarsi dalla propria città per desiderare di sentire i vecchi sapori, dal momento che nuove abitudini e uno scarso esercizio della memoria, col passare del tempo hanno cancellato le vecchie usanze, i riti che sembravano di sempre.
Guardando con più attenzione al frequente ripetersi di parole come “proprio come quelli che faceva la nonna”, troviamo l'amore per i tortellini, per il buon brodo di cappone. Ricorre spesso l'immagine che associa il piatto fumante alle ricorrenze delle feste comandate, alle domeniche in famiglia, conforto per l'anima ancor prima che per il palato.
Le stesse sensazioni, gli stessi brividi accompagnano un campano che siede davanti ad una pizza fumante e colorata, ricordi di gioventù e di feste che si rinnovano, rendono allegro e leggero lo spirito.
Ancora una volta la memoria e la forza evocativa dei sapori la fanno da padrone, come un motivo dimenticato che si insinua improvviso nella nostra mente, una musica che riporta alla luce emozioni di episodi lontani, che affiorano in un presente sorpreso e pronto a commuoversi.
La pizza come i tortellini allora! Entrambi protagonisti della nostra memoria, che cerchiamo di rendere meno labile tutte le volte che il rito si ripete. Ed è così che ci siamo ritrovati al tavolo del “Pepperoncino” io e il mio caro amico Frittella, portatori di memorie diverse, ma di un unico desiderio: condividere le sensazioni e i sapori del pranzo e delle reciproche esperienze di vita, pronti a comporre il giovane mosaico di una nostra comune memoria.
Nell'immaginario collettivo partenopeo la pizza è festa, gioia di vivere, magari un po' sopra le righe, e il locale si presenta affrescato con colori vivi, allegri, come devono essere i colori di una buona pizza.
Un cameriere gentilissimo e mai invadente, ci accompagna al tavolo in una delle quattro sale disponibili, tutte intitolate ad illustri personaggi della tradizione partenopea.
Ed eccoci impegnati a rivivere con intensità e partecipazione questa nuova sfida del gusto e della memoria.
Per iniziare prendiamo un “cuoppo” in due, un antipasto composto da varie sfiziosità fritte, verdure pastellate, arancini di riso e crocchette di patate ripiene di mozzarella.
Questo antipasto prende il nome dal contenitore, un foglio di cartone arrotolato a forma di cono, che ne preserva anche il calore, e che viene appoggiato sul piatto rivelando il proprio contenuto a mo' di cornucopia. Devo dire che l'effetto è piacevole e il sapore del contenuto decisamente accattivante, davvero gustoso!
A questo punto abbiamo ordinato una margherita con pancetta e una carrettiera (mozzarella, friarielli e salsiccia). Devo confessare che avevo già avuto occasione di assaggiare la pizza di questo locale, pochi giorni dopo la sua apertura, e non ero rimasto molto soddisfatto, ma non mi ero sentito di esprimere già un giudizio, trovo normale che all'inizio debba trascorre un periodo di assestamento.
Questa volta la pizza non mi ha deluso per niente. Per prima cosa ho controllato la consistenza del bordo, anche detto cornicione, che la volta precedente era si ben sollevato, ma troppo pieno e resistente, mentre stavolta si è rivelato soffice e ben lievitato.
Tutte le altre caratteristiche, indispensabili per poter collocare la pizza che ci era stata servita nel novero di quelle che rispettano i criteri della tradizione, si sono rivelate pressoché impeccabili.
Non mi stancherò mai di ricordare, solo per amore della conoscenza, che il protocollo STG della verace pizza napoletana, precisa che lo spessore del disco interno della pizza debba oscillare intorno ai quattro millimetri, dunque non così alta come qualcuno pensa, a differenza del bordo esterno, che deve essere, gonfio e soffice, di circa due centimetri, sinonimo di una giusta lievitatura. Infine il diametro non dovrebbe superare i 35 centimetri e il tutto deve potersi piegare in quattro senza spezzarsi.
Considerato che la pizza, come ho avuto spesso occasione di dire, è l'alimento italiano più diffuso nel mondo, è giocoforza che si adatti anche ai gusti e alle tradizioni dei posti in cui viene proposta. In questo senso appare chiaro che i pizzaioli, pur conoscendo l'identità originaria del prodotto pizza, spesso si adattino ai gusti del posto, e a volte ne snaturano l'identità, al motto di "che s'adda fà pè campà", ed è naturale che ciò accada.
Un'ultima considerazione però la ritengo doverosa: per un pizzaiolo fare una pizza soffice, ma che sia fragrante e digeribile, dunque con la pasta ben lievitata e non tirona, e ben più difficile che fare una sfoglina sottile o peggio ancora "tirata": artisti i primi, manovali i secondi, ed io credo che quando un artista è costretto a fare il manovale non può non soffrire.
I gusti non si discutono, e confesso che ho anche apprezzato pizze di buona fattura abbastanza sottili, tutto purché non siano secche e tirate, una triste usanza che davvero non riesco a "digerire" . Io i tortellini li preferisco in un buon brodo di carne, e non con le carote lesse e il purè.
Espressi i nostri apprezzamenti per la fragranza dell'impasto, ci siamo soffermati sugli ingredienti usati. La mozzarella appariva tenera e sciolta al punto giusto, né secca e né estranea al condimento, sintomo di un fior di latte di qualità, ma soprattutto non si arrogava il diritto di sopraffare il pomodoro.
Sempre allo scopo di rispettare i dettami della tradizione, occorre sottolineare che a mio parere un'altra cattiva abitudine di molte pizzerie è quella di abbondare con la mozzarella, permettendole di invadere la pizza, snaturandone l'aspetto e con il solo risultato, specie quando non si tratta di un prodotto di qualità, di renderla pesante ed indigeribile. La verace pizza napoletana prevede invece che la mozzarella compaia a chiazze più o meno ravvicinate, per permettere al pomodoro di risaltare, così come quella che è stata servita.
Ho così potuto registrare un sensibile progresso della pizza proposta dal locale rispetto a quella assaggiata tempo fa, segno che con la passione e la professionalità si è trovato il modo di rimediare, con spirito critico, a qualche iniziale insoddisfazione.
Per il bere abbiamo convenuto di non accompagnare la pizza con bevande esotiche ma con del vino, ed è stato un peccato non potermi ancora avvalere dei preziosi suggerimenti ricevuti qualche giorno dopo sul sito da Goloso e Brunella. Ci è stato proposto un lambrusco Barbolini della cantina di Casinalbo, della quale ho anche approfondito la conoscenza visitando il loro bel sito.
Il conto finale, senza il gentile sconto praticato alla cassa, è stato di euro 13.50 a testa, importo ampiamente commisurato alla qualità e alla tipologia del pasto consumato. Quattro cappelli ampiamente meritati che potranno anche diventare cinque in attesa di una nuova visita che confermi la bontà della strada intrapresa, magari con qualche tavolino in meno.
Abbiamo anche saputo che il ristorante si prepara ad ampliare la propia proposta gastronomica, restiamo così in attesa di assistere alla sua evoluzione, che speriamo comprenda anche la composizione di una ampia e qualitativa carta di vini.
E' questo un aspetto che di solito le pizzerie non curano molto, consuetudine che sono convinto possa essere sfatata da questo locale. Magari un grande menù completo e particolareggiato, con un vino o più vini consigliati per ogni tipologia di pizza!
Un sogno che io inseguo, per ogni pizzeria che voglia proporre la pizza come un alimento nobile e popolare allo stesso tempo, e tutto ancora da scoprire!
Devo ringraziare Frittella che ha lanciato l'idea di questo pranzo insieme, e mi è dispiaciuto che il grande gi non sia potuto venire (ho imparato solo dopo che l'amico Frittella l'aveva contattato purtroppo senza successo).
Un incontro che ha confermato quanto GustaModena rappresenti una risorsa non solo gastronomica ma soprattutto umana... Alla fine la differenza tra di noi era segnata solo dall'età, non certo dai valori e dai sogni che ci accompagnano, lui mentre felice misura le scale dell'ospedale, padre sensibile di una nuova vita, ed io che le salgo fiducioso, figlio fortunato che assiste chi, insieme a me, ha cresciuto il mondo dei miei affetti. Una giornata da ricordare.
PS
Sarà forse stato un segno del destino ma lunedì non è stato solo un giorno da ricordare per questo gradito incontro con una persona squisita come Frittella.
Scorrendo i titoli della stampa e dei siti che parlano della vita di Modena, ho potuto rilevare con soddisfazione che l'Associazione Verace Pizza Napoletana, che si propone di conservare nel tempo e far conoscere la ricetta tradizionale della pizza, ha incontrato proprio lunedì 9 Febbraio 2009, il sindaco di Nonantola e l'assessore al Bilancio della Provincia di Modena, per consegnare loro una targa per l'attività meritoria da loro svolta a promozione della conoscenza e della diffusione della pizza, con particolare riguardo alla organizzazione del tradizionale “Pizzafest” di Nonantola.
Naturalmente la curiosità è stata tanta e sono corso sul sito dell'Associazione Verace Pizza Napoletana (AVPN) a leggere i particolari dell'evento, che rende giusto merito a una terra, quella modenese, aperta di idee e pronta alla conoscenza. Ho scoperto così che un altro evento si era consumato sempre il 9 Febbraio: proprio alla pizzeria “Pepperoncino Pizza e delizie made in Naples” è stato riconosciuto lo status di associato AVPN, per la qualità del proprio prodotto.
Consigliatissimo!!
[barbe]
15/02/2009
Mi sembra di capire che ti piaccia la pizza con il vino... finalmente